Da un po' di anni a questa parte Legambiente sta cercando di capire se e quanto le Alpi possano tornare diventare strategiche a partire da un nuovo possibile ruolo all'interno dell'economia post-industriale che si va delineando nel nostro continente. Nel passato remoto le Alpi sono state un aggregato di comunità transfrontaliere con forti identità ed economie certo essenziali e statiche, ma solide. Un destino che è mutato negli ultimi decenni, tanto da renderle luogo del confine e della separazione, unicamente esposte all’invasione di modelli sociali ed economici estranei. Le crisi ambientale, sociale ed economica esplose intorno ai grandi agglomerati urbani (e nell'intero pianeta), pur nella loro brutalità, paradossalmente potrebbero indurre un ritorno ad un protagonismo della montagna rispetto agli equilibri ecologici e sociali dell'intero territorio. Esaurito il ciclo del fordismo, le regioni del Nord Italia, come del resto l'intera nazione, si stanno necessariamente confrontando con nuove forme di sviluppo dove è urgente un diverso modello di produrre, abitare e vivere. Qualcuno, non a caso, sostiene che proprio in questo contesto è possibile intercettare un nuovo ciclo dove le smart city possano intrecciarsi e sostenersi vicendevolmente con le smart mountain. In effetti l’introduzione di tecnologie e sistemi di governo intelligenti offrirebbe ampie opportunità su tutti i fronti.
Se questa è la via da percorrere ecco che allora appaiono fuori tempo e fuori luogo tutti quei progetti che non hanno ancora incorporato il concetto di limite di sfruttamento per risorse naturali come acqua, suolo e biodiversità, tanto da rischiare di condannare sé stessi e il territorio al suicidio nel giro di poco tempo.
Con questo spirito Legambiente continua a redigere il dossier della Carovana delle Alpi, che come sempre viene confezionato selezionando e verificando i casi segnalati da decine di circoli di Legambiente presenti nell'arco alpino italiano. A fianco delle buone pratiche che, nonostante la crisi economica, faticosamente stanno emergendo un po' ovunque, tuttavia sono ancora frequenti i progetti obsoleti e impattanti e per questo oggetto delle nostre bandiere nere. Al solito evidenziano scelte di sviluppo locale quasi unicamente orientate alla monocultura dello sci e comunque impattanti su ambienti montani delicati e unici. I risultati sono noti: consistenti consumi di suolo, acqua, cementificazione, scarso rispetto paesaggistico e aumento del rischio idrogeologico, oltre che violazione di territori vergini e delicatissimi con la pratica del'eliski.
Queste attività, del resto, rappresentano un mercato maturo, che richiede semmai di qualificare i servizi a supporto dei vasti domaines skiables esistenti, di saper rispondere alla domanda crescente di pratiche sportive “skipass-free” (ciaspole, sci alpinismo, passeggiate sulla neve) e di non compromettere la possibilità di sviluppo di un'offerta diversificata adatta a tutte le stagioni.
La green economy, unica via di uscita dalla crisi secondo molti esperti, può trovare un terreno di crescita estremamente favorevole nel tessuto socioeconomico alpino. Sempre più significativo è il numero di piccolissime, piccole e medie imprese, spesso supportate da virtuose amministrazioni locali, in grado di introiettare la sfida ambientale come fattore competitivo e di coniugarla con i temi della responsabilità sociale d’impresa e della centralità della persona. Riteniamo indispensabile il sostegno e il riconoscimento di quelle attività che vedono il protagonismo dei montanari e delle comunità locali. Essenziale è la presenza di giovani, gruppi di azione locale. Anche l'arrivo di nuovi e vecchi migranti alla rovescia (dalla pianura alla montagna), laddove accade, rafforza la capacità d’azione sociale dei singoli e della collettività. È in questa prospettiva che Legambiente sceglie di premiare con le bandiere verdi attività e progetti che sappiano riguadagnare terreno a migliori pratiche agricole, ai bisogni di qualità alimentare, alle tipicità territoriali, alla diversificazione produttiva anche immateriale, al risparmio energetico, ad un turismo responsabile e sostenibile, per la difesa del suolo ed un più equilibrato utilizzo delle risorse idriche.
Su una dimensione più ampia crediamo che una buona governance alpina potrebbe favorire una messa in rete delle buone pratiche, tanto da arrivare a produrre una sorta di patto tra simili, un accordo che dia forza a questa visione.
L'ambizione è verso una virtuosa macroregione alpina capace di produrre politiche di sistema, ovvero “spazi politici di coesione”, legami tra territori che hanno affinità geomorfologiche e culturali a prescindere da perimetri amministrativi, diversità istituzionali, diversità statutarie e forme di autonomie.