2 febbraio 2021 GIORNATA MONDIALE DELLE ZONE UMIDE: “Acqua, zone umide e vita sono inseparabili”

Le attività antropiche hanno un impatto negativo sulla natura a un ritmo da cento a mille volte più veloce della media degli ultimi 10 milioni di anni con una perdita di biodiversità che minaccia la capacità degli ecosistemi planetari di fornire i servizi da cui l’umanità dipende. La perdita di habitat, l’inquinamento diffuso, l’eccessivo sfruttamento delle risorse, i crescenti impatti delle specie aliene invasive, i cambiamenti climatici sono i fattori chiave della perdita di specie e degrado degli habitat. Anche se spesso non si pone adeguata attenzione alla perdita di biodiversità causata dagli effetti del cambio climatico, gli effetti della pandemia COVID -19 dovrebbe aiutare a comprendere quanto ecosistemi fragili siano meno efficaci a contenere il salto di specie all’origine dello sviluppo di virus letali e di pandemie. Il nostro futuro e il benessere del Pianeta dipendono dalla capacità di proteggere la natura: aumentando l’estensione delle aree protette, restaurando le aree degradate, integrando la conservazione e il valore della natura nei settori produttivi, riducendo le minacce ed i rischi naturali e combattendo gli effetti del cambio climatico. Ma, nonostante siano note le cause e siano condivise le contromisure, le strategie fin qui messe in atto per frenare la perita di biodiversità sono ancora del tutto insufficienti.

«La perdita di habitat, l’inquinamento diffuso, l’eccessivo sfruttamento delle risorse, i crescenti impatti delle specie aliene invasive e, in generale, i cambiamenti climatici sono i fattori chiave della diminuzione di biodiversità e del degrado degli ecosistemi. Spesso si sottovalutano questi fenomeni derubricandoli come lontani da noi. Ebbene, gli effetti della pandemia COVID -19 dovrebbero aiutare a comprendere quanto ecosistemi fragili siano meno efficaci a contenere il salto di specie all’origine dello sviluppo di virus letali e di pandemie. Il nostro futuro e il benessere del Pianeta dipendono anche dalla capacità di proteggere la natura: aumentando l’estensione delle aree protette, restaurando le aree degradate, integrando la conservazione e il valore della natura nei settori produttivi, riducendo le minacce ed i rischi naturali e combattendo gli effetti del cambiamento climatico»

Lorenzo Baio, Responsabile Settore Acqua di Legambiente Lombardia

Lo stato attuale della biodiversità a livello globale ha visto, nel corso degli ultimi cinque secoli, l’estinzione di centinaia di specie di vertebrati e di più del 9% di tutte le razze di mammiferi addomesticati utilizzate per l’alimentazione e in agricoltura. Contemporaneamente, la presenza media delle specie autoctone nella maggior parte degli habitat terrestri è fortemente diminuita con minacce sempre più pressanti su moltissime specie (tra gli insetti, si riscontra come il 10% degli impollinatori sia minacciato di estinzione). Il bacino del Mediterraneo, ad esempio, è sicuramente una delle zone maggiormente a rischio al mondo: un hot spot di biodiversità marina dove però il 25% delle specie è classificato come minacciato.  L’Italia in particolare, possiede uno dei patrimoni più ricchi di biodiversità, ospitando circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali presenti in Europa. Alcuni gruppi, come alcune famiglie di invertebrati, sono presenti in misura doppia o tripla, se non ancora maggiore, rispetto ad altri Paesi europei, sono presenti moltissimi endemismi ma, purtroppo, 596 specie sono valutate a rischio di estinzione e/o minacciate.

I cambiamenti climatici sono una drammatica emergenza globale e sono anche la prima causa di perdita di biodiversità. Le conseguenze, spesso disastrose, sono legate innanzitutto all’aumento di eventi metereologici estremi, alla variazione della distribuzione annuale delle precipitazioni piovose, all’aumento del rischio idrogeologico e inondazioni, all’aumento delle ondate di calore, della siccità e del rischio incendi. Inoltre, i cambiamenti climatici si stanno verificando a ritmi talmente veloci che numerose specie animali e vegetali stentano ad adattarsi con il rischio di aggravare ancora di più la velocità del tasso di estinzione.

Gli ambienti acquatici e le comunità che li popolano costituiscono la parte più estesa della biosfera. Le acque coprono circa tre quarti della superficie del nostro Pianeta. Gli ecosistemi di acqua dolce, come fiumi, laghi e stagni, rappresentano una porzione limitatissima dell’acqua presente sul Pianeta, ma questi ambienti ospitano una grande varietà di organismi: circa il 10% di tutte le specie acquatiche. Gli ecosistemi acquaticisvolgono un ruolo significativo nella stabilizzazione delle emissioni di gas serra e nel mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici. Le aree di acque interne non correnti, le sorgenti e i laghi di alta quota sono tra i maggiori serbatoi di biodiversità. Le zone umide costiere quali lagune, saline naturali o artificiali, sistemi dunali, praterie di posidonia si comportano come barriere naturali contro gli eventi estremi di origine marina. Le aree umide interne come pianure alluvionali, fiumi, laghi e paludi hanno la capacità di assorbire acqua, immagazzinano le piogge in eccesso e mitigano gli impatti delle inondazioni. Inoltre durante la stagione calda nei climi aridi, le aree umide liberano l’acqua immagazzinata, ritardando l’insorgere della siccità riducendo al minimo la scarsa disponibilità d’acqua.  Le torbiere, i sistemi dunali e le praterie di posidonia immagazzinano grandi quantità di carbonio. Le torbiere coprono circa il 3% della parte terrestre del nostro pianeta e immagazzinano circa il 30% di tutto il carbonio, il doppio di quello di tutte le foreste del mondo messe insieme. Gli habitat umidi europei, però, sono in declino per estensione e qualità per diverse ragioni: l’agricoltura intensiva, l’abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali, l’alterazione degli equilibri idrici, l’inquinamento, l’invasione di specie vegetali e animali aliene, l’urbanizzazione e lo sviluppo di infrastrutture.

La Convenzione internazionale di Ramsar, celebrata annualmente il 2 febbraio con la Giornata mondiale delle Zone Umide, sottoscritta finora da 170 Paesi, tutela le Zone umide più importanti del mondo definite, dalla Convenzione stessa, come aree caratterizzate da ecosistemi con altissimo grado di biodiversità, con habitat di particolare importanza per gli uccelli acquatici. I molteplici servizi che le zone umide offrono, e che sottintendono la necessità del loro mantenimento e ripristino sono: soddisfare le esigenze fondamentali di offrire acqua alle comunità per le esigenze primarie, essere filtro naturale, grazie ai suoi organismi vegetali, contro gli inquinanti, fornire cibo, fornire circa il 70% di tutta l’acqua dolce utilizzata per l’irrigazione, essere scrigno di biodiversità ospitando più di 100.000 specie di acqua dolce conosciute, essere ammortizzatori di eventi naturali estremi, mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici essendo serbatoi di carbonio, fornire mezzi di sussistenza e prodotti sostenibili. Le Zone umide sono ecosistemi importanti e sempre più minacciati, a causa dellapressione antropica e del riscaldamento globale, che mettono a rischio gli equilibri delicati e complessi di queste aree, e basti pensare che nell’ultimo secolo oltre il 64% delle zone umide sono scomparse. La Convenzione di Ramsar è l’unico trattato internazionale sull’ambiente che si occupa di questo particolare ecosistema, che oltre ad accogliere e conservare una ricca diversità biologica di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati, garantisce risorse di acqua e cibo e svolge una funzione di mitigazione ai cambiamenti climatici. In Italia le aree designate ai sensi della Convenzione di Ramsar sono 53, ed altre 12 sono state individuate ed è stata avviata la procedura di designazione internazionale.

L’impegno di Legambiente per gli ecosistemi acquatici per il decennio 2020/2030:

  1. Realizzare nuove aree protette, far crescere le piccole zone umide adottate dai cittadini e aumentare le Zone Ramsar per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto;
  2. Rafforzare la tutela della biodiversità acquatica e migliorare la sinergia tra le norme nazionali e le Direttive comunitarie (Habitat, Uccelli, Acque e Alluvioni);
  3. Migliorare l’integrazione e la gestione unitaria delle aree protette, i siti della Rete natura 2000 e le Zone Ramsar e realizzare una rete di enti gestori degli ecosistemi acquatici;
  4. Tutelare il capitale naturale e garantire l’erogazione dei servizi ecosistemici dei corpi idricisuperficiali migliorando del 50% il loro lo stato di conservazione;
  5. Ridurre l’inquinamento degli ecosistemi acquatici migliorando la depurazione, le captazioni e gli impianti idroelettrici e riducendo del 50% l’uso di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura;
  6. Applicare in maniera stringente le norme nazionali ed europee per prevenire gli impatti delle specie aliene invasive degli ecosistemi acquatici;
  7. Ripristinare gli ecosistemi acquatici degradati e realizzare infrastrutture fluviali sostenibili per contribuire a ripristinare almeno 25.000 Km di fiumi a scorrimento libero in Europa;
  8. Migliorare la conoscenza e l’applicazione di buone pratiche di gestione degli ambienti umidi e la diffusione di processi partecipativi come i contratti di fiume e di lago;
  9. Contrastare le illegalità ambientali, il bracconaggio e la pesca illegale e applicare esperienze virtuose di pesca sostenibile e favorire la crescita di aree no-kill nella pesca sportiva;
  10. Sostenere la bioeconomia circolare degli ecosistemi acquatici e la loro valorizzazione turistica attraverso aiuti e agevolazioni per le giovani imprese e la crescita dei green jobs.

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