Spettabile Legambiente,
Innanzitutto vi ringraziamo per la cortese mail e per i suggerimenti e le idee che avete voluto condividere con noi.
Sottoscriviamo le premesse contenute nella lettera: la cosiddetta “fase 2”, per quanto ancora incerta e fortemente dipendente da decisioni e variabili controllate ai livelli amministrativi superiori, richiede evidentemente una traduzione a livello locale/comunale che non si limiti alla mera applicazione di misure ordinarie, ma al contrario serve un grande sforzo di immaginazione per disegnare una città diversa. Conciliare le preoccupazioni sanitarie con la ripresa economica, perseguendo una rinascita nel segno della sostenibilità ambientale e, anzi, rendendo le politiche ambientali al centro della rinascita stessa, massimizzando gli effetti positivi, è una sfida notevole alla quale non ci sottraiamo.
Nel rispondere ai vostri suggerimenti abbiamo scelto di usare il modello per punti da voi proposto. In tutta onestà, ci siamo permessi di mettere in discussione e rilanciare con nuove idee alcune questioni, in ottica di dialettica collaborativa. In alcuni passaggi la lettera ci è parsa prevalentemente riferita a contesti metropolitani di una certa dimensione. Speriamo con questo contributo di aver messo in luce anche alcune specificità inerenti alle città medie.
1. Sicuri sui mezzi pubblici. Il ritorno in sicurezza all’uso dei mezzi pubblici è un obiettivo prioritario. Immaginiamo che la “diffidenza” verso il trasporto collettivo possa condizionare il numero di passeggeri per diverso tempo. Serve attenzione alle protezioni individuale e serve un’elevata dose di tecnologia per monitorare flussi, capienze e altre variabili in tempo reale. Dei punti sollevati, questo è in tutta onestà quello che più dipende da scelte regionali e governative. Le risorse economiche necessarie a sostenere questo settore, infatti, sono largamente dipendenti dai trasferimenti superiori e i Comuni non hanno la forza di incidere in modo così rilevante. La chiusura economica del 2020 resta densa di incogniti, considerati i due mesi (per ora) di crollo delle entrate. Il panorama non è confortante. Gli ulteriori investimenti in campo tecnologico richiedono in aggiunta nuove risorse. Il Comune di Bergamo in sede ANCI, insieme agli altri comuni capoluogo e di concerto con le Agenzie TPL e le aziende del settore, è e sarà impegnato a domandare una forte attenzione a queste problematiche. In sede locale, il ripensamento dei servizi verrà fortemente condizionato dalle scelte nazionali e regionali in termini di riapertura di imprese, servizi e scuole. Tutti si immaginano una città senza “picchi” e con servizi più distribuiti nel corso del giorno e della settimana. Per il trasporto locale è una rivoluzione del paradigma consolidato, soprattutto nelle città medie. Nei contesti “provinciali” una grande preoccupazione riguarda il TPL alla scala territoriale vasta, già da tempo meno capillare e appetibile del trasporto urbano, in generale molto distante dagli standard di alcune aree metropolitane. Si prenda l’esempio di Bergamo, un Comune da 120.000 abitanti in una provincia da oltre 1.100.000 abitanti, caratterizzata anche da contesti montagnosi, con flussi e relazioni reticolari importanti tra diversi centri di attrazione. Si tratta di spostamenti non sostituibili interamente con mezzi “alternativi” (biciclette ecc.), data la lunghezza degli stessi. Il potere del comune capoluogo è limitato nella pianificazione di questi servizi, benché i flussi di mobilità provinciali incidano notevolmente in termini numerici su tutta la rete stradale, ivi compresa quella cittadina.
2. Più persone in bici e percorsi ciclabili nuovi. Riteniamo che la presente situazione riporti senza dubbio la mobilità individuale sostenibile (biciclette, monopattini, pedonalità, ecc.) al centro delle politiche di settore. Il primo impegno che ci sentiamo di rinnovare è quello di mantenere la citabilità e la pedonalità al centro dell’azione amministrativa nel campo dei futuri lavori pubblici. Pur in un periodo che si annuncia difficile in termini di capacità di spesa per i Comuni, riteniamo che tali opere debbano restare finanziate e realizzate in via prioritaria. Riteniamo fondamentale uno sforzo aggiuntivo in termini di segnaletica dei percorsi, modello “bicipolitana”. In tutta onestà, siamo più dubbiosi sull’applicabilità di soluzioni ciclabili temporanee nel contesto che ci troviamo ad amministrare, sia per ragioni normative sia per ragioni spaziali. Le rigidità del Codice della Strada non sono state superate in questi anni, nonostante molti tentativi, e ancora oggi realizzare percorsi protetti con soluzioni a basso costo e “fantasiose” (sola segnaletica orizzontale e poco altro) è molto difficile. Di contro, introdurre elementi fisici di protezione (jersey, dissuasori, cordoli, ecc.) rende questi progetti molto simili ad un intervento definitivo, vanificando l’idea di una qualche semplificazione. In aggiunta, in città prevalentemente caratterizzate da strade a singola corsia per senso di marcia, con sezioni stradali anguste, per di più in presenza di ampi tessuti storici, soluzioni pensate per città dai grandi viali urbani non trovano reale traducibilità. Pertanto ci permettiamo di rilanciare recuperando un tema ancora attuale: serve una azione di pressione verso il Governo affinché vengano finalmente varate alcune piccole riforme del Codice della Strada in favore della ciclabilità. Si tratta di questione ormai discusse da molto tempo e già attive in moltissimi paesi europei: la “casetta avanzata”, il “controsenso ciclabile”, la possibilità di marcare il lato carreggiata con sola segnaletica e pittogrammi a protezione delle bici, tanto per citarne alcune. Perché non richiedere una parola definitiva anche sui semafori intelligenti in grado di diventare rossi al superamento del limite, e sull’uso di led e pannelli dinamici per proteggere gli attraversamenti pedonali? Sono piccole grandi cose che possono cambiare il volto delle città medie. Comuni e associazioni devono rilanciare con forza questa richiesta e lo possiamo fare insieme.
3. Rafforzare la sharing mobility. Abbiamo il forte timore che i servizi di sharing possano subire la stessa diffidenza che incontreranno i mezzi pubblici. Il car- sharing, in particolare, rischia di subire pesantemente i contraccolpi delle preoccupazioni sanitarie. In generale, l’esistenza di questi servizi, nati quasi sempre da rapporti pubblico/privato (o del tutto privati in taluni casi), nei contesti urbani medio piccoli, in grado di muovere numeri molto distanti dalle realtà metropolitane, era già problematica prima della presente emergenza. Attirare questi servizi in città al di sotto dei 200.000 abitanti è stato uno sforzo consistente e non è scontato che possano sopravvivere in toto. Fino a febbraio 2020 l’arrivo dei monopattini sembrava essere lo scenario più carico di ottimismo. Cercheremo in ogni modo di riprendere queste relazioni e già abbiamo iniziato a farlo. Alcuni servizi di sharing sono fortunatamente comunali e su questi cercheremo di predisporre un piano di promozione e rilancio con risorse nostre.
4. Aiutare i cittadini a rottamare l’auto e scegliere la mobilità sostenibile. Concordiamo assolutamente sulla necessità di proseguire lungo la strada del rinnovo del parco circolante, contemperando il rischio che queste politiche assorbano risorse potenzialmente destinabili ad altro (ad esempio il TPL, i servizi di sharing, gli investimenti in infrastrutture ciclabili). Pensando alla mobilità urbana pare più interessante spingere sulla rottamazione/sostituzione/acquisto di mezzi a due ruote elettrici (scooter). Le risorse messe a disposizione in passato in questo campo, a differenza di quanto accaduto nel settore automobilistico, sono state largamente inutilizzate.
5. Più smart working. Il Comune di Bergamo, purtroppo, ha dovuto affrontare molto presto e con preoccupazione crescente i condizionamenti di questa crisi sanitaria e si è dunque già spinto in queste settimane a potenziare il telelavoro e lo smartworking. Allargando lo sguardo al di fuori dei muri dell’Ente, è nostra intenzione farci parte attiva affinché altre realtà seguano il nostro esempio e immaginino la ripartenza come un completo ripensamento del rapporto lavoro/luogo di lavoro, con evidenti benefici per le problematiche di mobilità.
In conclusione della presente lettera, si rinnova la disponibilità a discutere e interloquire con la vostra Associazione in un’ottica di reciproca e utile collaborazione.